Stories. You & your Wardrobe

Non tutti abbiamo una buona memoria, dimentichiamo tanti dettagli importanti. Di molti episodi che ci sono accaduti, spesso, ricordiamo ben poco, ma non dimentichiamo alcuni profumi e alcuni odori. E, magari, ricordiamo cosa indossavamo “quella volta che” e come era vestito chi era con noi.

I nostri armadi sono pieni di vestiti, molti dei quali non abbiamo nemmeno avuto occasione di indossare. Ma non riusciamo a disfarcene, o a regalarli, o metterli via, facciamo fatica anche a fare il cambio dell’armadio, perché, a volte, andiamo ad aprire il nostro guardaroba e cercare i ricordi che non sono chiari nella nostra mente. Li cerchiamo lì, tra i nostri vestiti, tra i colori e tra le stampe. L’emozione di scrutare il vestito che indossavamo “quella volta che” è, tutte le volte, un solletico al cuore.

Tra di noi c’è qualcuno che soffre di insonnia praticamente da sempre, di notte il suo cervello lavora ad un ritmo che il resto del suo corpo non riesce a sostenere. Poche notti insonni fa, navigando nel web, si è imbattuta in una citazione di Margaret Atwood, tratta da “Dancing Girls and Other Stories“, che l’ha letteralmente incantata:

That’s my technique, I resurrect myself through clothes. In fact it’s impossible for me to remember what I did, what happened to me, unless I can remember what I was wearing, and every time I discard a sweater or a dress I am discarding a part of my life. I shed identities like a snake, leaving them pale and shrivelled behind me, a trail of them, and if I want any memories at all I have to collect, one by one, those cotton and wool fragments, piece them together, achieving at last a patchwork self, no defence anyway against the cold. […]”

(Questa è la mia tecnica, io resuscito me stessa attraverso i vestiti. Infatti, per me è impossibile ricordare cosa ho fatto, cosa mi è accaduto, se non posso ricordare cosa indossavo, e, ogni volta che butto via un maglione o un vestito, sto buttando una parte della mia vita. Spargo identità come un serpente, lasciandole pallide e raggrinzite dietro di me, una loro scia, e, se voglio recuperare dei ricordi, devo raccogliere, uno per uno, questi frammenti di cotone e lana, rimetterli insieme, raggiungendo, alla fine, un’identità simile ad un patchwork che, ad ogni modo, non garantisce nessuna difesa contro il freddo).

Resuscitare attraverso i propri vestiti, considerarli pezzi di vita, della propria identità e dei ricordi. Condividiamo queste parole, come se le avessimo partorite noi.

Il vestito di mamma Maria

Abbiamo visto reinventare, da una cara amica, un bellissimo abito vintage nero a pois bianchi, preso dall’armadio dell’amata mamma, indossato alla promessa di matrimonio di una nostra amica in comune.

Durante quella giornata, era difficile non pensare alla bellezza di quel vestito: era carico di amore, di ricordi. Ispirava il caldo abbraccio della mamma.

Era quasi estate, faceva caldo, un vestito nero e lungo magari non sarebbe stato la prima scelta di chi pensa ai must. Ecco, questo è il classico esempio di quanto, spesso, le regole valgano meno di zero. Quell’outfit era perfetto.

Perdona, amica, per aver condiviso questa storia senza consenso, ma è stato un colpo al cuore ascoltarti mentre raccontavi di quell’abito. Impossibile dimenticare la luce nei tuoi occhi.

Sono queste le storie che vogliamo ascoltare. Sono queste le storie che vogliamo raccontare e condividere.

Raccontaci la tua, legata ad un capo di abbigliamento per te significativo. Quel capo del quale non riesci a liberarti, perché sarebbe come perdere la tua identità. Quello che ti fa resuscitare, quello che consideri come parte della tua vita.

Non è solo questione di romanticismo e poesia. Molti capi ci ricordano momenti esilaranti, come le scarpe delle cadute dal tacco 12 alle lauree; le gonne macchiate, indossate in serate alticce di gomiti alzati eccessivamente; i jeans di quando non siamo riusciti a trattenere la vescica alle scuole medie; le ciabatte con cui una di noi ha – ahilei – schiacciato un cucciolo di pipistrello da bambina, pensando fosse una foglia secca. E la lista di “cosa indossavamo quella volta che” sarebbe lunghissima.

Vogliamo leggere e vogliamo dedicare uno spazio a te, a voi.

Racconta, condivi.

Poesia, romanticismo e sorrisi. Qui. ora.

 

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